Il 18 giugno 1940, quando la Francia era ormai prossima alla resa di fronte all'avanzata tedesca, l'Italia decise di attaccare, sperando di ottenere qualche vantaggio territoriale e politico.
L'offensiva italiana, però, si rivelò mal pianificata e poco efficace: l'esercito italiano non riuscì a sfondare le difese francesi lungo le Alpi, e le operazioni militari produssero risultati modesti, con perdite sproporzionate.
Questo intervento fu giudicato da molti osservatori internazionali come un'azione opportunista, priva di reale valore militare, volta solo a permettere a Mussolini di sedersi al tavolo dei vincitori al fianco di Hitler.
L'attacco del 1940 mise anche in evidenza le gravi carenze dell'apparato bellico italiano e indebolì l'immagine del regime fascista, sia all'interno che all'estero. I sogni di Mussolini di ottenere territori francesi e colonie africane andarono rapidamente in fumo.
Proprio per queste ragioni, l'episodio venne definito da molti storici e giornalisti dell'epoca come "la pugnalata alla schiena", a sottolineare il suo carattere tardivo e opportunista.
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