Perché l'Italia, parte della Triplice Alleanza, non entrò in guerra?

Il patto era difensivo

Scudo ornato che simboleggia un'alleanza difensiva

La Triplice Alleanza, siglata tra Germania, Austria-Ungheria e Italia, era essenzialmente un patto difensivo che prevedeva l'intervento militare a sostegno di uno degli stati membri solo in caso di attacco esterno. L'Italia scelse quindi di proclamarsi neutrale, sostenendo che le condizioni del patto non si applicavano, in quanto gli alleati non erano stati attaccati ma erano stati loro a iniziare le ostilità.

In Italia, questa decisione innescò un intenso dibattito interno tra neutralisti e interventisti. I neutralisti, tra cui spiccavano i socialisti, i cattolici e i liberali guidati da Giovanni Giolitti, sostenevano la necessità di mantenere la neutralità per preservare il paese dalle devastazioni del conflitto. Al contrario, gli interventisti, composti da nazionalisti, conservatori di destra e democratici, tra cui figure di spicco come Gabriele D'Annunzio e Benito Mussolini, vedevano nella guerra un'opportunità per l'Italia di espandere i propri confini e affermare la propria potenza sullo scenario internazionale.

Nonostante la prevalenza numerica dei neutralisti, il governo italiano fu influenzato dalla corrente interventista e, nel 1915, firmò il Patto di Londra con le potenze dell'Intesa. Con questo accordo, l'Italia si impegnava ad entrare in guerra contro gli Imperi Centrali in cambio della promessa di compensi territoriali, tra cui il Trentino, l'Alto Adige, Trieste e altre aree a maggioranza italiana sotto controllo austro-ungarico.

Il 23 maggio 1915, l'Italia formalizzò la sua entrata nel conflitto dichiarando guerra all'Austria-Ungheria.

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