All'inizio del conflitto mondiale, l'Italia mantenne una posizione di neutralità. Tuttavia, dopo negoziati approfonditi con entrambe le fazioni, decise di schierarsi con l'Intesa, firmando il Patto di Londra il 26 aprile 1915. Questa scelta fu motivata principalmente dall'interesse verso i territori sotto il dominio austriaco. L'accordo prevedeva l'ingresso in guerra dell'Italia entro un mese dall'adesione al patto. In cambio della sua partecipazione al conflitto al fianco dell'Intesa, l'Italia avrebbe ricevuto ampi compensi territoriali in caso di vittoria. Questi includevano l'Alto Adige, il Trentino, la Venezia Giulia, diverse aree della Dalmazia e dell'Albania, alcuni territori in Turchia e una parte delle colonie tedesche.
Conforme agli impegni presi, il 23 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, segnando il suo ingresso nel conflitto. Nei mesi successivi, la dichiarazione di guerra venne estesa ad altri membri degli Imperi Centrali: all'Impero Ottomano il 21 agosto, alla Bulgaria il 19 ottobre dello stesso anno e, infine, alla Germania il 27 agosto 1916, espandendo così il fronte di battaglia dell'Italia e il suo ruolo nel contesto della Grande Guerra.
Questa strategia di alleanza e i successivi scontri bellici miravano a riconfigurare gli equilibri territoriali europei a favore dell'Italia, riflettendo le ambizioni nazionali e le aspirazioni territoriali italiane dell'epoca. Tuttavia, le difficoltà incontrate sul campo di battaglia e le complesse trattative di pace che seguirono il termine del conflitto portarono a risultati misti rispetto alle ambizioni iniziali, influenzando profondamente la storia e la politica italiana del dopoguerra.
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