Il Patto di Londra, siglato il 26 aprile 1915, rappresentò un momento cruciale nella storia italiana e nella dinamica delle alleanze della Prima Guerra Mondiale. Questo accordo segreto tra l'Italia e le potenze della Triplice Intesa (Regno Unito, Francia e Russia) impegnava l'Italia a entrare in guerra contro gli Imperi Centrali entro un mese dall'accordo. In cambio, l'Italia avrebbe ricevuto significativi compensi territoriali in caso di vittoria dell'Intesa.
I territori promessi all'Italia comprendevano l'Alto Adige, il Trentino, la Venezia Giulia, oltre a parti della Dalmazia, dell'Albania, della Turchia e una porzione delle colonie tedesche. Questi compensi erano intesi a soddisfare le aspirazioni irredentiste italiane, desiderose di unificare sotto il tricolore territori abitati da popolazioni di lingua e cultura italiana ma sotto il controllo di Austria-Ungheria e di altre potenze.
Dopo la firma del patto, l'Italia rescisse la sua precedente alleanza con Germania e Austria-Ungheria (la Triplice Alleanza) e il 23 maggio 1915 dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, entrando ufficialmente nel conflitto al fianco dell'Intesa.
Al termine della guerra, tuttavia, l'Italia si vide assegnare un compenso territoriale inferiore a quello pattuito. La Conferenza di Pace di Parigi, influenzata dai principi di autodeterminazione dei popoli promossi dal presidente statunitense Woodrow Wilson, riassegnò all'Italia il Trentino, l'Alto Adige, la Venezia Giulia e Trieste, ma escluse gran parte dei territori dalmati e altre aree precedentemente promesse.
Questa discrepanza tra le promesse del Patto di Londra e i territori effettivamente ottenuti generò un profondo senso di frustrazione in Italia, tanto da essere definita una "Vittoria mutilata" dal poeta Gabriele D'Annunzio. Il malcontento per gli esiti del trattato contribuì a creare un clima di insoddisfazione nazionale, che avrebbe avuto significative ripercussioni sul contesto politico e sociale italiano nel periodo successivo alla guerra.
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